Ren Hang (1987 – 2017)

di Cristina Mesturini

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Neanche trent’anni. Davvero difficile scriverne, dopo soli due giorni. Ren Hang si è tolto la vita. Uno dei più promettenti talenti della fotografia cinese, in una Berlino dove si era trasferito perchè osteggiato in patria.
E’ presto per voler ricordare: questo è un voler sottolineare il suo nome, senza cercare spiegazioni. Come nessuna spiegazione necessita la sua fotografia, priva di ogni concettualismo, intellettualismo, provocazione. Le sue immagini erotiche si mostrano in tutta la loro naturalezza. Il corpo nudo è un manifesto gioco di forme aderenti e composizioni plastiche, ironia e assonanze surreali con la natura, con animali-simbolo, con altri corpi, con mani e piedi in un vicendevole sostenersi poetico, anche negli scatti più crudi.


“E questa volta sarà molto chiara la coscienza, l’intelligenza e la memoria sembrano essere più acute”.


Una vasta produzione, la sua. In Cina i suoi corpi nudi fanno scandalo, continue le polemiche e le censure fino ad arrivare alle denunce e agli arresti. Eppure questo nudo, anche negli scatti più espliciti, non ha nulla di osceno. E’ una dimensione necessaria: per essere, mostrarsi, giocare. Un candore lucido, dove nuove forme vanno a crearsi attraverso corpi scomposti e ricomposti, tronchi e fogliame, terra e acqua, ali e animali totemici, elementi simbolici e oggetti del quotidiano, sospensioni su orizzonti urbani.
Orizzonti ora chiusi.

Resta una lunga lista di progetti, di mostre importanti come quella in corso al Foam di Amsterdam (fino al prossimo 12 aprile), e altre al Fotografiska e alla galleria Tryffelgrisen di Stoccolma, alla galleria Stieglitz19 ad Anversa. Numerose le pubblicazioni monografiche a edizione limitata, l’ultimo suo libro è “Ren Hang” (Taschen, 2016), che raccoglie le sue fotografie dal 2008 al 2015.

 

Video courtesy of The Secret Guide To Alternative Beijing

 

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The images are copyright © Ren Hang.
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Zhang Kechun. Il Fiume Giallo

di Cristina Mesturini

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Zhang Kechun (Sichuan, 1980) vive attualmente a Chengdu ed è uno dei più interessanti tra i fotografi cinesi che si stanno affermando in Europa e negli Stati Uniti.
Dal 2008, ha al suo attivo numerosi premi e partecipazioni a festival e mostre, sia collettive che personali, e i suoi lavori fanno parte di collezioni museali presso il “Chinese Image and Vedio Archive” (Canada), il “Williams College Museum of Arts” (USA) e il “CAFA Art Museum” (Cina).

Il suo progetto “The Yellow River” comprende due anni di lavoro, e si svolge come un pellegrinaggio lungo questo fiume infinito, il secondo della Cina e il sesto al mondo per lunghezza.
Ispirato dal libro di Zhang Chengzh Fiume del Nord, Kechun racconta: “Sono stato attratto dalle potenti parole questo romanzo, e ho deciso di intraprendere questo viaggio lungo il Fiume Giallo per poter trovare la radice della mia anima”.
La narrazione del Fiume Giallo fa parte della storia della Cina, ma è anche una raccolta di leggende che stanno scomparendo, un paesaggio in dissolvenza che la fotografia di Zhang rappresenta magicamente.
“Ma, lungo il percorso, il fiume dalla mia mente è stato inondato dal torrente della realtà”.

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Viaggia su una bicicletta pieghevole, seguendo l’acqua interrata del fiume, dagli edifici lungo la costa di Shandong, ad ovest, verso le montagne del Qinghai. Ogni viaggio dura un mese, trascorso portando con sè una macchina fotografica Linhof di grande formato, un treppiede e la pellicola strettamente necessaria per poter lavorare. A volte, dice, è passata una settimana senza che scattasse una foto. “Volevo prendere il mio tempo, per rallentare e vivere ogni secondo di quei momenti.”
E questo tempo dilatato si percepisce con chiarezza nelle sue immagini, così come la dilatazione dello spazio immobile, la diluizione del colore, la visione della piccolezza dell’essere umano come formica, unico punto scuro nella distensione color sabbia.
“Il potere degli esseri umani è niente in confronto alla potenza della natura, anche quando cerchiamo di cambiarla”. Il fiume, venerato come culla della civiltà, costituisce anche un pericolo per le alluvioni che distruggono i raccolti, numerose le vittime, ogni volta.

Zhang non ha l’intenzione di documentare la distruzione dell’ambiente – altri lo hanno fatto -. Ma la corsa allo sviluppo della Cina ha segnato territorio del paese, l’aria e l’acqua, e il potente Fiume Giallo non fa eccezione. “Ho iniziato volendo fotografare il mio ideale di fiume, ma ho continuato a incorrere nell’inquinamento”, ha detto. “Ho compreso che non potevo fuggire da esso, e che non avevo bisogno di farlo”.

“Scelgo di scattare con il tempo nuvoloso, con le nebbie delle giornate uggiose, e di sovraesporre le mie foto”, spiega. “Ciò rende l’atmosfera morbida e delicata, e ogni fotogramma acquista una dimensione ultraterrena. Questa immobilità eterea acquieta le realtà quotidiane del fiume: il movimento, l’inquinamento, il rumore”.

Anche se i toni lunari, i bassi orizzonti, la sospensione temporale possono dare la sensazione di un’indefinibile presentimento, Zhang insiste con la volontà di portare un messaggio di speranza. Attraverso i secoli, il fiume continua il suo percorso.

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Le immagini sono copyright © Zhang Kechun
Maggiori informazioni su   zhangkechun.com